sabato 30 luglio 2011

"A Fanny", tua sorella Mary

Non ti ho mai amata, Fanny, non i tuoi capelli da topolino, sempre accuratamente ravviati in quella detestabile crocchia nè il tuo volto lentigginoso e patetico.
Possedevi il poco invidiabile dono di indisporre la gente, di esasperarla con le tue querule lamentazioni..sempre infelice, sempre insoddisfatta, sempre pronta a struggerti nelle tue deliranti visioni da solitaria, dura e inflessibile con te stessa, prima che con gli altri.
Era l'ombra di nostra madre, a schiacciarti, lo so, gli oneri e le aspettative del mondo, che ho sempre dolorosamente percepito anche io.
Eppure, la mamma ci aveva indicato anche la via per uscirne, non si era limitata a spargere i semi della sua sventura.
E' la maledizione di tutte quelle che ci hanno preceduta, Fanny, non è solo la sua o la tua o la nostra..non sei sola, come non lo sono io, come non lo erano le altre, non preoccuparti..tutte dobbiamo combattere, dobbiamo sollevarci in armi e la penna sarà la nostra spada..contro secoli di pregiudizi e di rancori.
Tu stesso lo affermasti, ricordi?
"Ho deciso di non vivere più recando vergogna alla memoria di mia madre.(...)Ho capito che, se voglio superare le mie difficoltà, devo prima imparare ad amare e stimare me stessa"
In questo ti rivelasti una vera Wollstonecraft..e allora, perchè??? Perchè Fanny davi sempre l'impressione di elemosinare l'affetto e la considerazione degli altri?
Perchè, in nome del cielo, stavi sempre lì, ad osservare il mondo con quegli occhi da cerbiatta ferita?
Eri tu, a doverti scuotere, Fanny, scuoterti di dosso la polvere dell'ignavia per varcare decisa quella porta ed accettare gli inevitabili rischi e delusioni che avresti ivi incontrato, perchè la libertà, mia cara, non si conquista mai indenni..
TU avevi talento, Fanny, sì, anche tu, come tutti noi..e il mio unico rammarico, ora, è di non aver mai voluto dirtelo..
avrei dovuto urlarlo, a pieni polmoni, il sollievo che provai quella sera, quando giungesti a me, fradicia di pioggia e io potei, finalmente, esausta, abbandonarmi fra le tue braccia.
Eri sangue del mio stesso sangue, dolce, mite, comprensiva, senza neppure sospettarlo, eri tu quel focolare domestico a cui ogni marinaio rivolge costante il suo pensiero fra le onde del periglioso mare..
"Focolare domestico": sto usando un'espressione desueta, lo so, e forse nostra madre non avrebbe approvato..
eppure, anche la "domesticità" fa parte del nostro patrimonio di donne, prima, di poetesse ed esseri umani poi....
Ed era questo, il lato ombroso che mai sono riuscita ad accettare; il tuo sguardo smunto richiamava anche troppo bene le implorazioni accorate che la mamma aveva rivolto all'unico uomo che aveva saputo umiliarla, TUO PADRE..
TUO PADRE....è questa la barriera invalicabile che sempre si è frapposta fra noi.
Rechi con te, inequivocabili, i segni di quel periodo dannato, indelebile, che minaccia di contaminare gli altri.
Perchè forse ( il dubbio sorge legittimo..) per un istante furono felici, fra le macerie della rivoluzione, perchè forse TU fosti felice, nelle terre del Nord, su quella spiaggia desolata, ove ti soffermavi a giocare...
Tu la conoscesti, la mamma, ne ascoltasti i rivoluzionari insegnamenti, dalla sua viva voce, fosti eternata da lei in quell'immagine, come il piccolo cammeo di una vita intera..
Siete strane creature, voi, presenze scomode che ci rimandano al passato, nostro malgrado, eppure incapaci di sopravvivere al futuro.
Come puntualmente avvenne, in quella squallida pensioncina di periferia, nell'ottobre del nostro più immemorabile anno: vedo la bottiglietta scura sul comodino, i tuoi vestiti sparsi a terra, tutt'intorno, un vaso di dalie smunte, fuori dalla finestra, nel vago grigiore del mattino.....
..li vedo, ma io non sono lì, ad abbracciarti, a sostenere il tuo corpo esanime, in quel mondo che, ancora una volta, ti respingeva ostile....
non lapidi o serti o il conforto di un canto, il tuo nome sarà cancellato, rapito per sempre alla nostra realtà...
un tetro frullare di corvi oscurò il purpureo del cielo, mentre la tua cenere, silenziosa, si disperdeva nel vento:
confidasti nella poesia dei sentimenti e fummo NOI, i suoi vati, ad averti tradita.


A Fanny Wollstonecraft,
sua sorella Mary.

"La morte la rese più bella,
donandole quella celestialità che in vita non ebbe mai conosciuta"

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